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I LIVELLI DI ALLERTA PER IL VESUVIO ED IL SIGNIFICATO DELLE VARIAZIONI ATTESE CHE FARANNO SCATTARE L'ALLARME

Riteniamo interessante una lettura critica, ed esplicativa al tempo stesso, di cosa accadrebbe in caso di riattivazione del Vesuvio. Analoghe considerazioni dovrebbero valere per i Campi Flegrei.
Spesso ci imbattiamo in questa locuzione "variazione significativa". E la leggiamo sempre nei bollettini rilasciati dall'Osservatorio Vesuviano. La terminolgìa in vulcanologìa è fondamentale e la cosa più importante è iniziare a soppesare bene i termini: probabile, possibile, certo. Raramente troverete, direi mai, un vulcanologo che si esprime in termini di certezza. E questo perché la complessità dei fenomeni con cui si ha a che fare non consente di esprimersi in tali termini. Dunque, teniamo ben presente che molto spesso i vulcanolgi si esprimono in termini di probabilità; altamente probabile, poco probabile, etc.. Per la verità abbiamo un caso di un ricercatore in forza all'Osservatorio Vesuviano che nel 1999 si lanciò in una previsione in termini di certezza che faceva rabbrividire all'epoca gli addetti ai lavori. Oggi tale soggetto è "Primo Ricercatore" sempre in forza all'Osservatorio. Ma questa è un'altra storia su cui torneremo con pubblicazione di documenti ufficiali dell'epoca che custodiamo gelosamente.

Veniamo dunque ai livelli di allerta:

BASE (VERDE)
ATTENZIONE (GIALLO)
PREALLARME (ARANCIONE)
ALLARME (ROSSO)

Ma esprimiamoci con le parole del "Gruppo di lavoro A" incaricato di determinare "Scenari e livelli di allerta" per il Vesuvio. Il Gruppo ha prodotto un documento fondamentale utilizzato per la stesura del nuovo piano di emergenza del Vesuvio.
Evidenzieremo i punti salienti:
"I livelli di attenzione, preallarme e allarme corrispondono ad un aumento progressivo delle probabilità di riattivazione eruttiva del vulcano e implicano una risposta crescente del sistema di Protezione Civile, che culmina (livello di allarme) con l’evacuazione della popolazione presente nella zona rossa, esposta allo scorrimento di colate piroclastiche e di lahar.

Il sistema di monitoraggio, gestito dall’INGV-Osservatorio Vesuviano, consiste nel controllo dei seguenti parametri principali, che verranno di seguito descritti:
Sismicità (distribuzione spazio-temporale delle scosse, energia, meccanismi focali, caratteristiche spettrali);
Deformazioni del suolo (movimenti verticali e orizzontali) monitorati con tecniche varie (livellazioni,geodimetria, clinometria, GPS, mareometria, Interferometria SAR);
Variazioni geochimiche (flusso di CO2 e di calore, variazioni di temperatura e della composizione chimica e isotopica delle fumarole e delle acque termali);.
• Altre informazioni utili possono inoltre venire da variazioni nei campi gravimetrici, magnetici ed elettrici,nonché da osservazioni geologiche e vulcanologiche (per esempio, aperture di nuove fratture, variazione del livello delle falde e della portata di sorgenti, comparsa di nuove fumarole)."

Fin qui, si tratta di informazioni assolutamente lineari con poche criticità.

I problemi sorgono quando passiamo ad esaminare come ci si muove all'interno dei livelli di allerta a seconda dei fenomeni che si registrano.


Vediamo cosa ci dice il Gruppo:
"L’obiettivo del sistema di monitoraggio è di riconoscere i primi segnali associabili al processo di risalita del magma verso la superficie e di seguirne l’evoluzione. La variazione di un solo parametro non può essere considerata determinante, ma la diagnosi attendibile scaturisce dalla interpretazione congiunta, multiparametrica e multidisciplinare, di tutte le informazioni che dovranno confluire in un modello di interpretazione del processo in corso."
Dunque, occorre riconoscere i primi segnali di risalita del magma. La variazione di un solo parametro tra quelli sopra indicati non è determinante.
Soffermiamoci sul termine "variazione" e "determinante". Occore una variazione di un parametro associata a quella di un altro parametro. E, vedremo subito dopo, la variazione deve essere "significativa".
Ma quali sono queste variazioni attese dei parametri?
Eccole:
 "Sismicità:
• comparsa di eventi a lungo periodo (VLP) e/o di tremore sismico;
• anomalie nelle caratteristiche di accadimento degli sciami sismici;
• superamento della magnitudo massima dei terremoti vesuviani, osservata nell’attuale fase di quiescenza.
Deformazioni del suolo:
• superamento del tasso medio annuale di deformazione;
• comparsa di fratture al suolo.
Geochimica:
• Superamento della temperatura di 100-105° C alle fumarole;
• Aumento del flusso di CO2 dal suolo in area craterica;
• Aumento del flusso di vapore e gas in superficie;
• Aumento della radianza termica misurata in continuo dell’area craterica;
• Variazioni chimiche e isotopiche nei gas fumarolici, nelle sorgenti e nei pozzi d’acqua indicative di un forte aumento dell’input di fluidi magmatici."

Sembrerebbe, vista così, che prevedere un'eruzione sia un gioco da ragazzi. Si verificheranno tutti questi mutamenti, quindi, si saprà individuare perfettamente il momento esatto in cui un vulcano si riattiverà. Purtroppo le cose non stanno esattamente così.
E difatti, il Gruppo si affretta a precisare:

"È necessario precisare che, allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile stabilire i tempi della dinamica di riattivazione. Infatti, la risalita del magma potrebbe essere associata ad un terremoto di grossa magnitudo, oppure a numerosi terremoti di magnitudo minore. Analogamente, per le deformazioni, potrebbe essere osservata una dinamica rapida così come una lenta".

Cominciano a vacillare, nel lettore,  molte delle certezze che pensava di avere. Sappiamo che qualcuno storcerà il naso.
Dunque, la scienza ci dice che non è possibile stabilire i tempi della dinamica della riattivazione. Ciò significa che, non si sa, ad esempio, se da qui ad una settimana, un mese, o due giorni il Vesuvio erutterà.
Torniamo alla terminologìa. Quando ponete un vulcanologo di fronte a quesiti di previsione di un'eruzione e gli chiedete risposte in termini di certezza, non ne avrete.
E qui, il Gruppo di lavoro non fa altro che dire quello che la scienza sa sui vulcani. Non è possibile stabilire in quanto tempo il Vesuvio si riattiverà. Potrebbe essere un processo lento (mesi), ma anche rapido (settimane), ma anche rapidissimo (giorni). 

Andiamo oltre. I fenomeni attesi prima dell'eruzione.

 Leggiamo che potrebbero esserci terremoti di forte intensità, oppure numerosi terremoti di magnitudo minore. Lo stesso dicasi per le deformazioni: potrebbero essere rapide e rilevanti o lente e modeste. O rapide e modeste. Nessuno lo può stabile prima.
A questo punto, nel lettore saranno venute meno altre certezze, derivanti da pubbliche dichiarazioni ascoltate in pubblici dibattiti. Lo sappiamo. Riteniamo doveroso comunque andare avanti.

Vediamo ora come, quando e perché si passa da un livello all'altro di allerta.

Qui viene il bello.
Vediamo cosa dice il Gruppo di lavoro:
"La definizione delle soglie di criticità, il cui superamento comporta l’attivazione dei vari livelli di allertamento, è  operazione complessa e delicata".

Il quesito cui deve rispondere il Gruppo è: quando è che si decide che da un livello base, di background, come quello attuale del Vesuvio, si possa passare al livello di "attenzione", giallo?
E quando ed in presenza di quali fenomeni si decide di passare dal livello di attenzione a quello di "preallarme", arancione?
E quando ed in presenza di quali fenomeni poi da questo si decide di passare a quello di "allarme" , rosso?
E quanto tempo intercorre, aggiungiamo noi, nel passaggio da un livello all'altro?
Vediamo come risponde il Gruppo.

La prima domanda è, paradossalmente, quella cui la scienza riesce a rispondere con maggiore faciltà:

"Si ritiene che solo per il passaggio dal livello base al livello di attenzione sia possibile stabilire un criterio basato sul superamento dei valori di fondo (background) dei parametri monitorati (ad es: basati sui dati registrati nei decenni in cui ha operato il sistema di monitoraggio nell’attuale fase di quiescenza)."

Dunque. Individuare un criterio che consenta di stabilire quando si debba passare da un livello all'atro è scientificamente possibile solo, ripetiamo, solo quando si tratta di passare dal livello base (verde), quello attuale per capirci, al livello di attenzione, giallo. Questo perché si parte da un bakground solido di osservazioni ultra decennali, valori di fondo dei dati relativi alla sismologìa, geochimica, etc.. su cui è possibile lavorare per individuare variazioni di parametri che possano essere tali da giustificare il passaggio dallo stato di base a quello di attenzione (* sul punto vorremmo aprire una chiosa, ma per non complicare ancora di più il quadro, rimandiamo per ora).

 Quindi, procedendo oltre, occorre una variazione dei parametri. Come deve essere questa variazione? "Significativa". Fissate bene in mente questo termine che incontrerete in tutti i bollettini rilasciati dall'Osservatorio. Quando, una variazione di un parametro (sismicità, geochimica, etc.) può considerarsi "significativa"? Ce lo dice il Gruppo di lavoro: "La variazione di un parametro viene considerata significativa quando essa supera il livello di fondo di almeno due volte il valore della sua deviazione standard (sigma)".  Rimandiamo al link wikipedia dove ciascuno si potrà fare un'idea di cosa sia la deviazione standard. Qui ci preme sottolineare che il valore di riferimento su cui calcolare la deviazione standard, deve essere molto consolidato e non variabile. Ma qui non è il caso di dilungarci su dissertazioni matematiche. Diciamo quindi che la variazione del parametro per essere significativa deve essere rilevante. Molto grossolanamente pensiamo al doppio del valore medio dello scostamento (anche se, precisiamo e ribadiamo che scientificamente  bisogna riferirsi  al concetto di deviazione standard sopra richiamata).

Torniamo al momento in cui si decide di passare dal livello base a quello di attenzione.

Orbene, la variazione significativa necessaria affinché ciò accada deve riguardare due parametri osservati e non uno solo. Ad esempio, la sismicità e la geochimica.  La variazione significativa di un solo parametro non determina il passaggio al livello di attenzione ma solo a quello di "vigilanza straordinaria".
Ecco le parole del Gruppo: "In particolare, si stabilisce che il passaggio al livello di attenzione si ha quando almeno due dei parametri monitorati (sismicità, deformazioni del suolo, geochimica) abbiano fatto registrare variazioni significative. Se la suddetta variazione si verifica per un solo parametro, questo non implica il passaggio allo stato di attenzione, ma attiva per l’intero sistema di sorveglianza, nonché per il Centro Funzionale Centrale del Dipartimento della Protezione Civile, una fase di vigilanza straordinaria. Durante tale fase si procederà ad un’analisi di dettaglio dei parametri che hanno mostrato delle variazioni, anche con l’ausilio di strumentazioni aggiuntive e campagne di misura dedicate".

Siamo giunti alla dichiarazione, ipotetica, ovvio, del livello di attenzione.
Immaginamo. Sono in corso variazioni significative (ora sapete cosa intendono quando si esprimono con questo termine) di almeno due parametri monitorati.

Quando si decide di passare al livello successivo, quello di preallarme, arancione?

Rircordiamoci di quanto letto in precedenza: " solo per il passaggio dal livello base al livello di attenzione sia possibile stabilire un criterio basato sul superamento dei valori di fondo (background) dei parametri monitorati".

Orbene, non viene specificato in quanto tempo ed in presenza di quali ulteriori fenomeni si passa al livello arancione.
Sembra incredibile al lettore, ma per chi conosce il comportamento mutevole dei vulcani, non è così. Difatti, così prosegue il Gruppo di lavoro:

"Per i livelli di allerta superiori, si ritiene che la definizione di soglie di criticità prestabilite comporti un’alta probabilità di falsi e di mancati allarmi; pertanto, la valutazione dell’evoluzione del processo durante un’eventuale crisi vulcanica dovrà essere basata sull’analisi in tempo reale dei parametri monitorati da parte di esperti".

"Infine, il Gruppo di lavoro sottolinea che: 
- un obiettivo operativo da perseguire nella pianificazione d’emergenza è la riduzione al minimo indispensabile del tempo necessario per l’evacuazione della popolazione: più breve è questo tempo, più bassa è la probabilità di falso allarme;
- potrà essere necessario affrontare un lungo periodo di attesa tra l’evacuazione e l’eruzione; questo periodo potrebbe essere caratterizzato da grandi polemiche e da forti spinte al rientro, cui occorrerà far fronte;
- è di vitale importanza che di queste difficoltà e di questi problemi siano consapevoli le Autorità di Protezione Civile nazionali, regionali e comunali, e che venga informata adeguatamente la popolazione interessata."


In defintiva, per i livelli di allerta superiori a quello di "attenzione", a fronte delle problematiche scientifiche relative alla fallacità di eventuali soglie di criticità predeterminate, si deciderà al momento se passare ad un livello superiore di allerta in funzione delle variazioni osservate.

Ora, vogliamo, provocatoriamente, porre un quesito. Se le osservazioni di cui sopra vaglono anche per i Campi Flegrei, che sono in stato di attenzione, come è mai concepibile che non esista un piano di protezione civile di evacuazione ed emergenza OPERATIVO NOTO AI CITTADINI per i Flegrei? Idem per il Vesuvio che è, tuttavia, in una fase di quiescenza e non mostra alcun segnale di riattivazione.

Dopo la lettura di questo lungo articolo, ciascuno si porrà degli interrogativi che esigono delle risposte da chi deve fare protezione civile e monitoraggio.
Un appunto finale dobbiamo farlo. Correva l'anno 1996 e riuscimmo ad ottenere, non senza sforzi, quella famosa Bozza del Piano di evacuazione che, tra le tante assurdità, prevedeva che i tempi di evacuazione erano di 21 giorni. Ci battemmo fortemente contro quella che sembrava un assurdo scientifico. Così come ci battemmo contro la previsione che in caso di allarme il capo famiglia dovesse allontanarsi da solo con l'auto portando con se le cose essenziali ed il resto della famiglia dovesse attendere il proprio turno di allontanamento dalla residenza familiare, per poi ricongiungersi col capofamiglia nei centri di smistamento. Erano assurdità. La cosa grave è che abbiamo speso fior di denari per far scrivere quelle assurdità. Ma su questo torneremo con un articolo di approfondimento.

G.D.