Si tratta di un'eruzione classificata
come sub-pliniana per la portata e gli effetti distruttivi.
Contrariamente a quanto si legge in giro, l'eruzione si verificò
dopo un periodo di quiete non di 400 anni, ma di alcuni decenni o, al massimo, di 130 anni.
Sebbene l'eruzione del 1139 fu l'ultima grande eruzione del Vesuvio, vi
è da aggiungere che sempre più studiosi stanno
attribuendo valenza ed importanza ad alcune fonti che riportano eventi
eruttivi minori del Vesuvio in detto periodo. E' certo che nel 1500 vi
fu un'eruzione, così come è certo che il vulcano mostrava
segni di attività anche negli anni a venire.
Qui vogliamo presentare un documento raro, vale a dire una foto ad un
affresco del Vesuvio che lo ritrae in attività nel 1500. La foto
fu scattata nel 1924 da Monsignor Giovan Battista Alfano, direttore dal
1907 al 1931 dell'Osservatorio sismico di Pompei. E' evidente che il
Vesuvio era in eruzione. Ed è ben visile che trattasi di
eruzione doppia: dal Gran Cono e da almeno una delle bocche eccentriche
eruttive poste sul lato sud del cratere (Torre del Greco - Trecase,
presumibilmente bocche del Viulo poste a circa 250-300 metri di
altitudine). Questo affresco, ora non più visibile, documenta
con certezza che il Vesuvio nel 1500, dunque, 130 anni prima della
grande eruzione del 1631, era in attività. Ma esistono anche
altri documenti e fonti che narrano di un Vesuvio in attività
nel 1570 e, con residuale probabilità, anche intorno al 1590.
Trattasi di fenomeni minori, ovviamente e non di eruzioni importanti.
Tuttavia esiste una descrizione del Vesuvio con notevole
attività fumarolica e "fuoco notturno", emissione di ceneri e
pomici, nell'anno 1570-71 ed in quelli precedenti (Pirro Ligorio,
1515-1583, in Antichità Romane, volume 28, in Archivio di Stato
Città di Torino). Insomma, sembra proprio che il Vesuvio
mostrava una certa attività a 60 anni dalla grande eruzione del
1631. La questione è di primaria importanza, come si può
facilmente comprendere. Ad ogni modo, la Protezione civile ha assunto
come eruzione di riferimento proprio quella del 1631.
Dai racconti, notiamo anche per altre fonti note e qui non citate, che
i terremoti che precedettero l'eruzione (almeno 10 giorni prima) erano
avvertiti prevalentemente nei comuni vesuviani e non in Napoli dove, al
contrario, poche ore prima e durante l'eruzione, ne furono avverititi
diversi. Altro problema discusso è quello delle lave. Sembra, da
molti racconti, che non vi fu emissione di magma ma di
""acque sulfuree, e bituminose cotanto ardenti che sembravano piombo o stagno liquefatto" (Braccini). Si
discute se con queste espressioni ci si riferisse al magma come lo
intendiamo noi oggi oppure solo a flussi pirolastici o ai cd. lahar
(fiumi di fango che , tuttavia, di solito seguono l'eruzione). Va detto
che, senza stare in questa sede a tediare il lettore su approfondimenti
sterili, la comunità scientifica più qualificata tende ad
escludere che vi fu emissione di lava e che l'eruzione fu
caratterizzata da fenomeni di tipo esplosivo ed imponenti flussi
piroclastici e colate di fango (lahar). Niente magma dunque.
Oltre alll'affresco che segue, al lettore attento non sfuggirà
la notevole importanza anche del dipinto che mostriamo più in
basso realtivo al Vesuvio nell'anno 1578, a circa 54 anni prima
dell'eruzione del 1631. In quel
dipinto è
ben visibile il tipico pennacchio Vesuviano che ci racconta di un
vulcano che era od era stato in attività.
Riportiamo qui l'eccezionale documento che mosta il Vesuvio in attività nell'anno 1500 circa.
DI SEGUITO ALCUNI RACCONTI DELL'ERUZIONE
"Raccontano
i torresi e gli abitatori di Massa di Somma, di Polena e di S.
Bastiano, che in sin dalli 10 di decembre cominciarono a sentir
rumoreggiare nella montagna. Altri nel medesimo tempo osservarono, che
senza essere piovuto, s'erano intorbidate l'acque nei pozzi, e in
alcuni mancare. Racconta di più una persona, che un mese avanti
essendo salito sopra il monte, dov'era la bocca della voragine, vi
calò dentro, e tornatoci quindici giorni da poi, trovò
che la terra s'era alzata tanto, che senza calar punto si passava da
una banda all'altra per tutto" (Braccini).
Acquerello su rame che mostra il Vesuvio nell'anno 1578 - Da notare il pennacchio di fumo sul Gran Cono a conferma della parziale attività del vulcano in quel periodo
Dipinto che mostra il Vesuvio prima dell'eruzione del 1631 (Masculo, 1633)
L'eruzione
"Verso le 5 di notte (notte tra il 15-16 Dicembre, corrispondente alla nostra mezzanotte) un servitore del marchese d'Arena narrò che sul ponte della Maddalena vide una trave (colonna?) di fuoco che uscendo pareva a lui, da Pozzuoli, arrivava sino al Vesuvio. E uomini di Resina (attuale Ercolano) confermarono
aver veduto l'istesso dentro la voragine, quasi immobile per molte ore.
In quel tempo io sentii un picciolo terremoto, ma ne' luoghi più
contigui alla montagna, da quell'ora sin'alle 12 (le nostre 7 del mattino), ne furono contati dove 18 e dove 50, l'uno più gagliardo dell'altro" (Giulio Cesare Recupito - De Vesuviano Incendio Nuntius).
"Onde
cominciando dico, che l'anno della nostra Salute 1631, il sedicesimo
del mese Dicembre (...), a viva forza di gagliardissimi tremuoti, che
in numero ben ispesso precedettero quella notte, si aprì il
Monte Vesuvio, in quel luogo a punto della parte , che guarda il mare,
che comunemente dà paesani viene detto Ciammella (...), assai
più sotto dell'antica voragine, che sta sopra la cima di questa
parte di Monte (si tratta della caldera del Somma-Vesuvio). Dalla cui
apertura, cominciato tostoi ad uscire un fumo assai denso, e bianco, in
breve tempo se ne formò un gran albero, somigliante in tutto ad
unn alto e spazioso pino: il cui piede, o groso tronco era però
in quella guisa ritorto, che noi hora le colonne veggiamo del maggiore
Altare della Real Chiesa di Santa Chiara (...). Ma non molto stette,
che cangiando forma, divenne una smisurata Nuvola la quale non
già bianca come dianzi, ma alquanto nera, inalzandosi a
meraviglia, e trapassando di gran lunga, con infinita veemenza, la
prima regione dell'aria, andava figurando mostruose chimere (...) Et
oppostasi poi a' raggi del Sole, che viapiù che mai splendenti,
e chiari, s'eran fatti in quel mattino vedere, cagionò una
oscurità sì grande, che a tutti parve sì lucido il
giorno, essere in una tenebrosa notte cangiato. Poscia cominciò
a sentirsi un grandissimo fremito, e rumore, a guisa di quello de'
tuoni, e tra quella gran machina di nero, e calignoso fumo, vedevansi
fiammeggiando folgorare, e folgorando serpeggiare, con tortuose
striscie, fiamme di fuoco in tanta spessezza, e in maniera agitale da
quella gran forza di gagliardissima esalazione, che pareva volere esse
à quel modo non pure guerreggiar col Cielo, ma fulminare, e
subissar la Terra".
"Tutto quel lungo spazio di mare, ch'è dalla prima Torre di
guardia di Resina, sin passata la Torre dell'Annunziata, si vide in un
tratto, nella larghezza dove d'un miglio, ove di poco meno,
maravigliosamente ripieno della materia uscita dalla voragine del
Monte, e di quella ancora, che con l'empito lor grande i già
detti diabolici torrenti (l'autore si riferisce ai fiumi che
attraversavano la pianura in quel tempo) si menavano innanzi di grosse
pietre, d'alberi svelti, di case abbattute, d'uomini, e d'animali
forti, e d'altro, quantunque in alcuna parte non vi si scorgesse il
fondo, e in altra molto profondo fosse. Di maniera che di que' tanti
scogli, e così spessi, ch'altri dianzi per quella riviera assai
dentro mare dilettevolmente mirava; ora dentro terra molto lungi dal
lido solo alcune punte ammaramente riguarda, standosene tutto il resto
in quelle ceneri sommerso (...)"(tratto da Giuliani Gianbernardino, 1632, Trattato del Monte Vesuvio e de' suoi incendi, Napoli -pag.86-90).
Dipinto che mostra il Vesuvio durante l'eruzione del 1631
"
Fra tanto essendo già uscito il Sole, ancora in Napoli
cominciò ad osservarsi sopra la Montagna una densa, e
straordinaria nuvola: la quale da principio sembrava appunto un
altissimo, e fronduto pino, quale già parve a Plinio quella, che
vidde nell'anno 81 (si tratta dell'eruzione del 79 d.C.) della nostra
salute: perché appresso la monte aveva il tronco grosso come una
lunga, e rotonda torre: ma si innalzava poi a proporzione tanto in
alto, che qusi si perdeva di vista: appresso, o perché non
arrivasse tanto in sù lo spirito, dal quale era stata sospinta,
o perché non potesse più sostenere il proprio peso, si
diffondeva in grandi, e spaziosi rami, e slargandosi per molte miglia
di circuito, benché fusse da chiaro Sol pecrossa, or nera, e
bruna, or macchiata, e livida, e talora candida si dimostrava, quale
esser doveva la materia, che con lei s'era in alto elevata, ma sempre
vi si scorgeva dentro un poco di rosso, come fuoco (...) I più
semplici correvano gridando per le strade, che si era attaccato il
fuoco, chi diceva in una parte, e chi in un'altra. Da principio stetti
anch'io sospeso, perché non ero in luogo, donde potessi vedere
il Monte: ma accorgendomi infine, che si alzava cotanto, e
proporzionatamente si dilatava; mi immaginai quello, che veramente era,
ed entrato in libreria, presi le epistole di Plinio in mano, e
mostrandole ad alcuni dissi loro. Eccovi scritto 1550 anni sono quello
appunto, che oggi vedete. Onde uno di quelli che quivi erano, tirato la
lodevole curiosità, salito sopra un astraco col suo Quadrante
misurolla, e come poi mi riferì, trovò, che era ascesa a
più di trenta miglia d'altezza: ed è ben credibile per li
effetti, che operò; come appresso vedremo: e per tanto feci
congiettura che anco di Roma si saria potuta vedere". (Giulio Cesare Braccini, Dell'incendio fattosi nel Vesuvio a XVI di dicembre MDCXXXI e delle sue cause ed effetti, Napoli, 1632, pagg.30-31).
La morte
"Il
giovedì alli 18 vesro le 17 ore tornarono a vedersi sopra la
montagna le medesime nuvole, che s'erano vedute il martedì
mattina, e anco assai maggiori, perché in quel giorno si
alzarono in fin'a 35 miglia: sebbene quando erano arrivate a tale
altezza sbiancheggiavano e si disperdevano per l'aria: e perché
il tempo era sereno scorgevansi le ceneri infocate spinte dall'acqua
continuate a scorrere verso la marina a guisa di fiumi. E nel medesimo
tempo vicino al Palazzo del Principe di Caserta alla Barra fu anco
dalle medesime ceneri, e da pietre ardenti sopraggiunto un homo a
cavallo, e vi rimase morto, come accadde a molti altri in diverse
parti, de' quali sonsi poi vedute le membra sparse in qua, e in
là da quelli, che per ordine del Pastore andarono a raccoglierle
per dar loro sepoltura.
Fuggiva fra gli altri un povero huomo con un suo figliuolo in braccio,
e un altro per mano, e senza accorgersene dal fuoco gli furono tolti
ambedue, e a lui non fece altro nocumento che con li abbruciarli i
calzoni. Un altro fuggendo pure da uno di que' torrenti di fuoco, con
aversi lassato dietro molta gente a piedi, e due carrozze, essendosi
poco appresso voltato, non vidde più né gente, né
carrozze, ma sol la strada dal torrente innondata. Così non
avvenne a un giovane, il quale per salvarsi da simile torrente
salì sopra un arbore, e sebbene fuggì l'incendio, non di
meno essendosi poco appresso calato, e abbracciandosi co'l padre
soffogato, come si crede, dalla crassa caligine, senza parlare, gli
spirò nelle braccia. Né a molti altri li quali poi si
sono veduti morti nelle ceneri, se bene a prima vista parevano vivi, ed
illesi ma toccandoli si trovarono inceneriti (si tratta, probabilmente,
di persone investite dalle nubi ardenti). Nè meno a que' due,
che nella Torre del Greco furono trovati morti in una camera senza ,
che vi fusse entrato né fuoco, né cenere, e arsi tutti
dentro senza, che le vestimenta avessero patito, come avvenne di molte
robe, che si consertvavano in altre case (casi analoghi si verificarono
durante l'eruzione del Pelée dell'8 Maggio 1902).(Giulio Cesare Braccini, Dell'incendio fattosi nel Vesuvio a XVI di dicembre MDCXXXI e delle sue cause ed effetti, Napoli, 1632, pagg.44-45).
Dipinto che mostra il Vesuvio prima (alto a dx), durante (alto a sx) e dopo l'eruzione del 1631 (centrale).
EPIGRAFE DEL GRANATELLO, FATTA INCIDERE DAL VICERE' DI NAPOLI DOPO L'ERUZIONE DEL 1631, NELLA OMONIMA LOCALITA' DI PORTICI