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ERUZIONI IN PILLOLE


Attenzione - aggiornamento 17/02/2016
LO SMITHSONIAN INSTITUTION CONFERMA: IL VESUVIO ERA IN ERUZIONE NEL 1570 E 1500!
Nell'articolo del 16 dicembre 2014 che segue, avevamo accennato alla circostanza che esistevano fonti che testimoniavano che il Vesuvio era in eruzione almeno nel 1570. Indicavamo anche la fonte e documentazione. La conferma a quanto sostenavamo sin dal 1995, quando segnalammo a chi di dovere (un notissimo vulcanologo) l'esistenza di fonti in nostro possesso che testimoniavano una probabile attività del Vesuvio proprio negli anni 1570-1578, dicevamo, la conferma ora viene da uno dei più prestigiosi isituti di ricerca mondiale sui vulcani: lo Smithsonian Institution - Global Volcanism Program,  che da' per certa l'eruzione del 1570 di cui avevamo parlato nella news del 16 dicembre 2014. Difatti, nell'elenco delle eruzioni storiche del Vesuvio, viene data per certa, con VEI pari ad 1, l'eruzione del 1570 oltre a quella del 1500 con VEI 2 (l'indice, detto in breve, indica la misura della esplositivtà di una eruzione. Valori bassi (1-3) indicano eruzioni poco esplosive, valori alti, massimo VEI 7-8, indicano eruzioni molto esplosvie e distruttive).
Aggiornamento: abbiamo rinvenuto sul sito dell'Osservatorio Vesuviano INGV Napoli, la seguente affermazione in merito all'eruzione del 1631:

"
L'eruzione si verificò dopo un periodo di quiescenza durato circa cinque secoli, nel corso dei quali il Vesuvio si trovava in uno stato di attività a condotto ostruito."

E ancora, nel Piano di emergenza del Vesuvio, redatto nel 1995, è detto questo:



Ora, dire che nel 1631 il Vesuvio era a condotto ostruito da cinque secoli, non corrisponde a verità. E dirlo con assoluta certezza poi. E chi lo dice? INGV NAPOLI Osservatorio Vesuviano sul proprio sito web. Incredibile!!!
 
Eccovi lo stralcio tratto dalla pagina dello Smithsonian.


Inizio eruzione                Fine eruzione          Certezza     VEI              Fonte                         Tipo di attività

1631 Dec 16 1632 Jan 31 (?) Confirmed 5 Historical Observations Summit, SW and S flanks
1570 (in or before) 1572 ± 1 years Confirmed 1 Historical Observations
1500 Unknown Confirmed 2 Historical Observations

La questione è rilevante perché dimostra come non corrisponda al vero che prima della grande e devastante eruzione del 1631 il Vesuvio fosse rimasto inattivo per centinaia di anni!

* * *

In occasione dell'anniversario che cade oggi 16 Dicembre 2014, presentiamo un breve resoconto con racconti ed immagini esclusive della


ERUZIONE DEL 16 DICEMBRE 1631



Si tratta di un'eruzione classificata come sub-pliniana per la portata e gli effetti distruttivi. Contrariamente a quanto si legge in giro, l'eruzione si verificò dopo un periodo di quiete non di 400 anni, ma di alcuni decenni o, al massimo, di 130 anni. Sebbene l'eruzione del 1139 fu l'ultima grande eruzione del Vesuvio, vi è da aggiungere che sempre più studiosi stanno attribuendo valenza ed importanza ad alcune fonti che riportano eventi eruttivi minori del Vesuvio in detto periodo. E' certo che nel 1500 vi fu un'eruzione, così come è certo che il vulcano mostrava segni di attività anche negli anni a venire.
Qui vogliamo presentare un documento raro, vale a dire una foto ad un affresco del Vesuvio che lo ritrae in attività nel 1500. La foto fu scattata nel 1924 da Monsignor Giovan Battista Alfano, direttore dal 1907 al 1931 dell'Osservatorio sismico di Pompei. E' evidente che il Vesuvio era in eruzione. Ed è ben visile che trattasi di eruzione doppia: dal Gran Cono e da almeno una delle bocche eccentriche eruttive poste sul lato sud del cratere (Torre del Greco - Trecase, presumibilmente bocche del Viulo poste a circa 250-300 metri di altitudine). Questo affresco, ora non più visibile, documenta con certezza che il Vesuvio nel 1500, dunque, 130 anni prima della grande eruzione del 1631, era in attività. Ma esistono anche altri documenti e fonti che narrano di un Vesuvio in attività nel 1570 e, con residuale probabilità, anche intorno al 1590. Trattasi di fenomeni minori, ovviamente e non di eruzioni importanti. Tuttavia esiste una descrizione del Vesuvio con notevole attività fumarolica e "fuoco notturno", emissione di ceneri e pomici, nell'anno 1570-71 ed in quelli precedenti  (Pirro Ligorio, 1515-1583, in Antichità Romane, volume 28, in Archivio di Stato Città di Torino). Insomma, sembra proprio che il Vesuvio mostrava una certa attività a 60 anni dalla grande eruzione del 1631. La questione è di primaria importanza, come si può facilmente comprendere. Ad ogni modo, la Protezione civile ha assunto come eruzione di riferimento proprio quella del 1631.
Dai racconti, notiamo anche per altre fonti note e qui non citate, che i terremoti che precedettero l'eruzione (almeno 10 giorni prima) erano avvertiti prevalentemente nei comuni vesuviani e non in Napoli dove, al contrario, poche ore prima e durante l'eruzione, ne furono avverititi diversi. Altro problema discusso è quello delle lave. Sembra, da molti racconti, che non vi fu emissione di magma ma di ""acque sulfuree, e bituminose cotanto ardenti che sembravano piombo o stagno liquefatto" (Braccini). Si discute se con queste espressioni ci si riferisse al magma come lo intendiamo noi oggi oppure solo a flussi pirolastici o ai cd. lahar (fiumi di fango che , tuttavia, di solito seguono l'eruzione). Va detto che, senza stare in questa sede a tediare il lettore su approfondimenti sterili, la comunità scientifica più qualificata tende ad escludere che vi fu emissione di lava e che l'eruzione fu caratterizzata da fenomeni di tipo esplosivo ed imponenti flussi piroclastici e colate di fango (lahar). Niente magma dunque.
Oltre alll'affresco che segue, al lettore attento non sfuggirà la notevole importanza anche del dipinto che mostriamo più in basso realtivo al Vesuvio nell'anno 1578, a circa 54 anni prima dell'eruzione del 1631. In quel dipinto è ben visibile il tipico pennacchio Vesuviano che ci racconta di un vulcano che era  od era stato in attività.

Riportiamo qui l'eccezionale documento che mosta il Vesuvio in attività nell'anno 1500 circa.






DI SEGUITO ALCUNI RACCONTI DELL'ERUZIONE

Prima dell'evento


"Dimanierache a 26 di marzo del 1716 due volte sentii cader nella stanza di cucina di mia casa una conca di rame, appiccata al chiodo. Lo che dissero i miei domestici, esser più volte accaduto. Siccome avvenne nell'anno 31 (si tratta del 1631) pe' continui terremoti, precedentino sei mesi al fuoco". (Ignazio Sorrentino, pag.175).

"Raccontano i torresi e gli abitatori di Massa di Somma, di Polena e di S. Bastiano, che in sin dalli 10 di decembre cominciarono a sentir rumoreggiare nella montagna. Altri nel medesimo tempo osservarono, che senza essere piovuto, s'erano intorbidate l'acque nei pozzi, e in alcuni mancare. Racconta di più una persona, che un mese avanti essendo salito sopra il monte, dov'era la bocca della voragine, vi calò dentro, e tornatoci quindici giorni da poi, trovò che la terra s'era alzata tanto, che senza calar punto si passava da una banda all'altra per tutto" (Braccini).

Acquerello su rame che mostra il Vesuvio nell'anno 1578 - Da notare il pennacchio di fumo sul Gran Cono a conferma della parziale attività del vulcano in quel periodo

Dipinto che mostra il Vesuvio prima dell'eruzione del 1631 (Masculo, 1633)


L'eruzione

"Verso le 5 di notte (notte tra il 15-16 Dicembre, corrispondente alla nostra mezzanotte) un servitore del marchese d'Arena narrò che sul ponte della Maddalena vide una trave (colonna?) di fuoco che uscendo pareva a lui, da Pozzuoli, arrivava sino al Vesuvio. E uomini di Resina (attuale Ercolano) confermarono aver veduto l'istesso dentro la voragine, quasi immobile per molte ore. In quel tempo io sentii un picciolo terremoto, ma ne' luoghi più contigui alla montagna, da quell'ora sin'alle 12 (le nostre 7 del mattino), ne furono contati dove 18 e dove 50, l'uno più gagliardo dell'altro" (Giulio Cesare Recupito - De Vesuviano Incendio Nuntius).

"Onde cominciando dico, che l'anno della nostra Salute 1631, il sedicesimo del mese Dicembre (...), a viva forza di gagliardissimi tremuoti, che in numero ben ispesso precedettero quella notte, si aprì il Monte Vesuvio, in quel luogo a punto della parte , che guarda il mare, che comunemente dà paesani viene detto Ciammella (...), assai più sotto dell'antica voragine, che sta sopra la cima di questa parte di Monte (si tratta della caldera del Somma-Vesuvio). Dalla cui apertura, cominciato tostoi ad uscire un fumo assai denso, e bianco, in breve tempo se ne formò un gran albero, somigliante in tutto ad unn alto e spazioso pino: il cui piede, o groso tronco era però in quella guisa ritorto, che noi hora le colonne veggiamo del maggiore Altare della Real Chiesa di Santa Chiara (...). Ma non molto stette, che cangiando forma, divenne una smisurata Nuvola la quale non già bianca come dianzi, ma alquanto nera, inalzandosi a meraviglia, e trapassando di gran lunga, con infinita veemenza, la prima regione dell'aria, andava figurando mostruose chimere (...) Et oppostasi poi a' raggi del Sole, che viapiù che mai splendenti, e chiari, s'eran fatti in quel mattino vedere, cagionò una oscurità sì grande, che a tutti parve sì lucido il giorno, essere in una tenebrosa notte cangiato. Poscia cominciò a sentirsi un grandissimo fremito, e rumore, a guisa di quello de' tuoni, e tra quella gran machina di nero, e calignoso fumo, vedevansi fiammeggiando folgorare, e folgorando serpeggiare, con tortuose striscie, fiamme di fuoco in tanta spessezza, e in maniera agitale da quella gran forza di gagliardissima esalazione, che pareva volere esse à quel modo non pure guerreggiar col Cielo, ma fulminare, e subissar la Terra".
"Tutto quel lungo spazio di mare, ch'è dalla prima Torre di guardia di Resina, sin passata la Torre dell'Annunziata, si vide in un tratto, nella larghezza dove d'un miglio, ove di poco meno, maravigliosamente ripieno della materia uscita dalla voragine del Monte, e di quella ancora, che con l'empito lor grande i già detti diabolici torrenti (l'autore si riferisce ai fiumi che attraversavano la pianura in quel tempo) si menavano innanzi di grosse pietre, d'alberi svelti, di case abbattute, d'uomini, e d'animali forti, e d'altro, quantunque in alcuna parte non vi si scorgesse il fondo, e in altra molto profondo fosse. Di maniera che di que' tanti scogli, e così spessi, ch'altri dianzi per quella riviera assai dentro mare dilettevolmente mirava; ora dentro terra molto lungi dal lido solo alcune punte ammaramente riguarda, standosene tutto il resto in quelle ceneri sommerso (...)"
(tratto da Giuliani Gianbernardino, 1632, Trattato del Monte Vesuvio e de' suoi incendi, Napoli -pag.86-90).


Dipinto che mostra il Vesuvio durante l'eruzione del 1631

" Fra tanto essendo già uscito il Sole, ancora in Napoli cominciò ad osservarsi sopra la Montagna una densa, e straordinaria nuvola: la quale da principio sembrava appunto un altissimo, e fronduto pino, quale già parve a Plinio quella, che vidde nell'anno 81 (si tratta dell'eruzione del 79 d.C.) della nostra salute: perché appresso la monte aveva il tronco grosso come una lunga, e rotonda torre: ma si innalzava poi a proporzione tanto in alto, che qusi si perdeva di vista: appresso, o perché non arrivasse tanto in sù lo spirito, dal quale era stata sospinta, o perché non potesse più sostenere il proprio peso, si diffondeva in grandi, e spaziosi rami, e slargandosi per molte miglia di circuito, benché fusse da chiaro Sol pecrossa, or nera, e bruna, or macchiata, e livida, e talora candida si dimostrava, quale esser doveva la materia, che con lei s'era in alto elevata, ma sempre vi si scorgeva dentro un poco di rosso, come fuoco (...) I più semplici correvano gridando per le strade, che si era attaccato il fuoco, chi diceva in una parte, e chi in un'altra. Da principio stetti anch'io sospeso, perché non ero in luogo, donde potessi vedere il Monte: ma accorgendomi infine, che si alzava cotanto, e proporzionatamente si dilatava; mi immaginai quello, che veramente era, ed entrato in libreria, presi le epistole di Plinio in mano, e mostrandole ad alcuni dissi loro. Eccovi scritto 1550 anni sono quello appunto, che oggi vedete. Onde uno di quelli che quivi erano, tirato la lodevole curiosità, salito sopra un astraco col suo Quadrante misurolla, e come poi mi riferì, trovò, che era ascesa a più di trenta miglia d'altezza: ed è ben credibile per li effetti, che operò; come appresso vedremo: e per tanto feci congiettura che anco di Roma si saria potuta vedere". (Giulio Cesare Braccini, Dell'incendio fattosi nel Vesuvio a XVI di dicembre MDCXXXI e delle sue cause ed effetti, Napoli, 1632, pagg.30-31).

La morte

"Il giovedì alli 18 vesro le 17 ore tornarono a vedersi sopra la montagna le medesime nuvole, che s'erano vedute il martedì mattina, e anco assai maggiori, perché in quel giorno si alzarono in fin'a 35 miglia: sebbene quando erano arrivate a tale altezza sbiancheggiavano e si disperdevano per l'aria: e perché il tempo era sereno scorgevansi le ceneri infocate spinte dall'acqua continuate a scorrere verso la marina a guisa di fiumi. E nel medesimo tempo vicino al Palazzo del Principe di Caserta alla Barra fu anco dalle medesime ceneri, e da pietre ardenti sopraggiunto un homo a cavallo, e vi rimase morto, come accadde a molti altri in diverse parti, de' quali sonsi poi vedute le membra sparse in qua, e in là da quelli, che per ordine del Pastore andarono a raccoglierle per dar loro sepoltura.
Fuggiva fra gli altri un povero huomo con un suo figliuolo in braccio, e un altro per mano, e senza accorgersene dal fuoco gli furono tolti ambedue, e a lui non fece altro nocumento che con li abbruciarli i calzoni. Un altro fuggendo pure da uno di que' torrenti di fuoco, con aversi lassato dietro molta gente a piedi, e due carrozze, essendosi poco appresso voltato, non vidde più né gente, né carrozze, ma sol la strada dal torrente innondata. Così non avvenne a un giovane, il quale per salvarsi da simile torrente salì sopra un arbore, e sebbene fuggì l'incendio, non di meno essendosi poco appresso calato, e abbracciandosi co'l padre soffogato, come si crede, dalla crassa caligine, senza parlare, gli spirò nelle braccia. Né a molti altri li quali poi si sono veduti morti nelle ceneri, se bene a prima vista parevano vivi, ed illesi ma toccandoli si trovarono inceneriti (si tratta, probabilmente, di persone investite dalle nubi ardenti). Nè meno a que' due, che nella Torre del Greco furono trovati morti in una camera senza , che vi fusse entrato né fuoco, né cenere, e arsi tutti dentro senza, che le vestimenta avessero patito, come avvenne di molte robe, che si consertvavano in altre case (casi analoghi si verificarono durante l'
eruzione del Pelée dell'8 Maggio 1902).(Giulio Cesare Braccini, Dell'incendio fattosi nel Vesuvio a XVI di dicembre MDCXXXI e delle sue cause ed effetti, Napoli, 1632, pagg.44-45). 

Dipinto che mostra il Vesuvio prima (alto a dx), durante (alto a sx) e dopo l'eruzione del 1631 (centrale).


EPIGRAFE DEL GRANATELLO, FATTA INCIDERE DAL VICERE' DI NAPOLI DOPO L'ERUZIONE DEL 1631, NELLA OMONIMA LOCALITA' DI PORTICI